Favola:Asio Otus

Favola:Asio Otus

12/02/2012

Su una vecchia quercia

di un bosco collinare che non so

viveva un vecchio gufo chiamato "asio otus".

Sapiente, silenzioso e impenetrabile,

quanto più sapeva più taceva,

più taceva e più sapeva.

Lenta e armoniosa

scorreva la vita su quel colle: una festa!

Avvenne un giorno che durante un temporale

un fulmine abbattè la vecchia quercia

e l'anziano pennuto volò via

e divenne scuro ciò che prima era parso chiaro.

Sui rami dell'albero abbandonato

brillarono lacrime di pioggia.

Occhi sgomenti si aprirono

e rapidamente si chiusero, spaventati.

Tremavano i cuori,

non rifiorivano più i ciclamini,

imperocchè mancò nel mormorar dell'aria

il saper del saggio otus.

Ad ogni questionare un pandemonio da spallazione,

s'abbarruffava il tempo come all'imperversar dei venti,

si sconvolgeva il bosco per nulla tra lotte furiose.

Bramivano selvaggi, nè amici nè fratelli,

con la schiuma nei labbri e sui denti

a caccia di ori e di favori.

Si consumavano i più

nel loro tempo migliore in grandi violenze.

Sino a quando si ritrovò

dimenticato del vecchio "otus"

questo breve suo pensare:

"Si lavori con collaborante dedizione alla medesima mira

dall'alba al tramonto, senza astuzie nè clamori di parte,

passando sotto silenzio ogni fatica

e senza girare di fronda in fronda in rivolte o opposizione

per personale ambizione

che è fomite di discordia e di separazione".

Chiudeva così "otus" il suo dotto motto:

"Nelle mie conoscenze

è proprio dell'animale

avere gli occhi fissi in terra e il muso nella greppia

in continuo a ruminar.

E' dell'umano invece aver

con l'occhio e con la mente

lo sguardo fiso alle alte sfere

teso nella ricerca della miglior via

che il cielo sempiterno

nasconde dietro l'orlo

in un favillar di stelle"

 

Fra. Pel. 11 febbraio 2012